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Organizzazione Italiana Karate-do Kyudokan Higa Te di Okinawa

LIGNAGGIO e STORIA KYUDOKAN HIGA TE

Il Karate-do è una disciplina tradizionale e, al di là delle sue caratteristiche tecniche è una disciplina formativa che unisce l’arte del movimento, l’estetica dei suoi gesti e la millenaria ed empirica filosofia orientale.

Il termine Karate-do è composto da tre ideogrammi giapponesi o “Kanji”, che significano Kara: Vuoto, Te: Mano, Do: Via. Pertanto tradotto letteralmente sarebbe “La via della mano vuota”. Ma concettualmente e filosoficamente il termine “Vuoto” indica che il praticante di Karate-do, sebbene abbia le mani vuote e non possegga armi, ha fatto del suo corpo un’arma.

Dal punto di vista etico, il termine significa anche vuoto da ogni cattivo proposito, concetto che è in diretta relazione con il termine giapponese Makoto, il cui significato concettuale è: cuore puro, sincerità totale, essere autentico con tutti ma, soprattutto, con sé stessi.

Il terzo significato di Vuoto è il concetto Zen di vuoto totale della mente (Mushin, no mente). Do è la Via che dobbiamo percorrere verso una meta senza fine. La meta è vivere e costantemente sperimentare un cammino che dobbiamo percorrere senza fretta, passo per passo, ma con decisione e coraggio, vivendo in maniera integrale e intensa ogni istante della nostra esistenza, perché ogni istante è una vita e quindi ogni attimo è una meta. Perciò, in conclusione, la meta di questa via senza fine è proprio la Via.

Il Karate-do è una filosofia di Vita…

Ma perché diciamo che il Karate-do è una filosofia di vita? Per diversi motivi. La prima cosa che insegniamo ad un praticante di Karate è la forma del saluto entrando nel Dojo (luogo dove si pratica il Karate-do), quando ci si rivolge verso il Toko (luogo dove si trovano i motti e gli elementi simbolici collegati con questa disciplina) e quando si è rivolti vero il Maestro e i compagni: riverenza con la testa china, ma non come segno di debolezza o sottomissione, ma come segno di rispetto e umiltà.

Durante la pratica, contestualmente ai principi tecnici dell’allenamento, si lavora con gli allievi sulla disciplina, sulla pazienza, sulla tolleranza, sullo sviluppo della volontà, sulla concentrazione, sulla perseveranza. Inoltre si sviluppa l’intuizione e la capacità di determinazione e si affrontano aspetti di ordine morale ed etico. L’applicazione di tutti questi concetti e principi nella vita quotidiana, con tutte le regole che ciò comporta, costituisce quella che chiamiamo una “filosofia di vita”.

LA PRATICA DEL KARATE-DO DEVE CONDURCI A QUESTA FILOSOFIA DI VITA QUOTIDIANA

Le origini del Karate-do si perdono molte volte nel tempo e non esiste una risposta precisa su dove e quando ebbe origine questa disciplina né su chi ne sia stato il primo artefice. Quello che è certo, invece, è che tutte le forme primitive di autodifesa ebbero le loro origini nell’istinto di sopravvivenza dell’essere umano. Il bisogno impellente di affrontare situazioni di pericolo costrinse indubbiamente l’uomo a cercare di trovare dorme efficienti per difendersi e proteggersi.

Più vicino a noi nei tempi c’è stato un evento che ha influito molto non soltanto sul Karate-do, ma su tutte le Arti Marziali in generale. Si tratta della comparsa di Bodhidharma, in giapponese Daruma Daishi, un monaco buddista nato nel sud dell’India da una famiglia di nobili, che fu precursore e primo patriarca del Buddismo Zen.

Con riferimento al Karate-do, possiamo dire che questa disciplina come la conosciamo oggi, ha avuto origine nell’isola giapponese di Okinawa (letteralmente “Una fune nel mare”) nell’arcipelago delle Ryu Kyu che, anch’esse come una corda nel mare, iniziando a nord di Taiwan, curvano verso la parte meridionale del Giappone. Più vicina alla Cina che al Giappone Okinawa è la maggiore delle isole che compongono l’arcipelago e la sua posizione strategica ne fece un punto di riferimento dei naviganti cinesi e del sud-est asiatico per gli interscambi commerciali, artistici, culturali etc… e ciò spiega la commistione di diversi metodi di autodifesa e di sistemi di combattimento con o senza armi.

Quello che oggi chiamiamo Karate-do è la versione attuale di ciò che era anticamente l’Okinawa Te (“la mano di Oikinawa) che, anche se con inevitabili contaminazioni con i sistemi di combattimento del sud-est asiatico e soprattutto con il Chuan Fa cinese, rimane fondamentalmente di origine okinawense.

Ma fu nel 1609 che l’Okinawa Te ebbe la sua più grande crescita durante uno degli avvenimenti storici più importanti: l’invasione dell’isola da parte delle milizie della famiglia Shimazu, capo del clan Satsuma del Giappone. La popolazione sottomessa doveva lottare disegualmente con individui armati, in difesa di sé stessa, delle famiglie e delle dignità e orgoglio okinawense. La pratica dell’Okinawa Te era diffusa e perfezionata in forma clandestina e soltanto tra le famiglie della classe aristocratica e della classe dei samurai.

Fu grazie a questa opportunità che la Famiglia Higa, appartenendo alla classe samurai, poté tramandare da padre a figlio e di generazione in generazione la disciplina dell’Okinawa Te permettendo che giungesse fino ai nostri giorni (Cit. Sensei Oscar Masato Higa: “Tale lascito m’impegna con passione e con responsabilità per fa si che, quanto trasmesso in parecchi secoli, possa perpetuarsi nel futuro. Ed è per questo che dico, senza presunzione ma con orgoglio, che la nostra scuola è genuinamente tradizionale poiché ha continuità ed autenticità accertati dalla storia ed è il prodotto di una cultura che perdura nel tempo”).

Nell’anno 1961 viene costituita la prima Associazione Shorinryu Karate-do di Okinawa, presieduta da Sensei Choshin Chibana, uno dei più importanti maestri della storia di Okinawa. Vicepresidente di questa associazione fu Yuchoku Higa, zio del Sensei Oscar Higa, principale allievo del Maestro Chibana e fondatore della Scuola Shorinryu Kyudokan di Okinwa.

 
 

KYUDO MUGEN

“La Via dello Studio non ha fine.

La Via del Karate è immensamente ampia e profonda come il cielo che continua senza limiti”